Al zùag d’la bara / il gioco della bara
Al zùag d’la bara era il gioco che amavamo di più, ma non ho mai capito perché si chiamasse così. Si dovevano tracciare a terra due rettangoli adiacenti, in cui due squadre, A e B, che interpretavano alternativamente il ruolo di attaccanti e difensori, si collocavano con pari numero di giocatori.
Lo scopo di ogni squadra era di inviare un giocatore fuori dalla propria area in modo che, correndo velocemente, riuscisse a toccare una meta prestabilita, detta palo, e rientrasse dentro la propria area senza farsi toccare da uno della squadra avversaria. Essere toccati equivaleva ad essere bloccati: il ragazzo catturato doveva fermarsi e rimanere sul posto, sino a quando un suo compagno, uscito dalla propria area a quello scopo, non lo avesse liberato, toccandolo. Solo allora poteva ripartire per tentare di rientrare nella propria area.
Vinceva la gara la squadra che, al termine di 40 minuti, aveva il maggior numero di giocatori rientrati alla base dopo aver fatto palo.
Al zùag d’la bara richiedeva collaborazione, velocità, prontezza, resistenza e intelligenza tattica.
In seguito, quando diventai docente di Educazione Fisica, insegnai questo gioco ai miei ragazzi delle Scuole Medie, ma lo chiamai Il fuggitivo, perché bara era troppo funebre,
Vi assicuro che i ragazzi si divertivano un mondo, come ci siamo divertiti noi!
[Informazione di Giorgio Bianchi, per sua gentile concessione da G. Bianchi, Il Libro dei Ricordi, F.lli Corradini Editori]