Il dialetto / al dialèt

Salvare un dialetto non vuol dire compiere una campagna archeologica o mummificare una lingua, ma vuol dire ricuperare una tradizione: la tradizione culturale dei nostri padri, dalla quale abbiamo tratto insegnamento fin dalla prima infanzia.

Il dialetto è la lingua viva che una volta differenziava borgata da borgata, casa da casa, ma che ora si appiattisce unificandosi a quello che resta dei dialetti delle grandi città.

Tra Ferrara e Bologna esistevano, una volta, i dialetti di tanti paesi, che assumevano caratteristiche sia fonetiche sia lessicali diverse a seconda della distanza dall’uno o dall’altro centro cittadino.

Se esaminiamo il dialetto ferrarese, che storicamente, geograficamente e politicamente apparteneva e appartiene al territorio padano palustre, notiamo molte differenze dal dialetto bolognese, che è legato alla zona pede-appenninica.

Foneticamente la parlata ferrarese è più larga; la vocale predominante è la “a”; le consonanti raramente raddoppiano. Il dialetto bolognese, invece, sostituisce alla vocale “a” la “e”, rendendo la parlata più rotonda, meno lenta, più francese in certi momenti di pronuncia nasale.

Facciamo un esempio, prendendo la parola più elementare: “madre”. Vediamo che i ferraresi dicono “madar”, mentre i bolognesi dicono “mèdar”, con la “e” molto stretta.  

Tra Ferrara e Bologna, a 13 chilometri dal capoluogo estense e a 46 da quello felsineo, esiste un paese che si ritrova oggi amministrativamente inserito nella provincia di Ferrara, ma che dipende dalla diocesi di Bologna. Questo paese, Mirabello, che appare nelle antiche carte per la prima volta verso il 1600, faceva parte dell’antico Stato Pontificio ed era ubicato agli estremi limiti di quello stato verso settentrione, dove una volta scorreva il Reno, prima che questo fiume modificasse il suo corso e curvasse presso Sant’Agostino, in località Panfilia, verso levante, per andare a buttarsi nell’Adriatico, presso Ravenna.

A Mirabello si ha il connubio fonetico dei due dialetti, quello Bolognese e quello Ferrarese, quasi a confermare la posizione di frontiera tra due mondi e due culture. Se riprendiamo infatti l’esempio di prima ed esaminiamo la parola “madre”, pronunciata dai mirabellesi veri, quelli cioè che per età o tradizione hanno mantenuto inalterati i loro connotati linguistici, sentiamo che il loro dialetto unisce la “a” ferrarese all’ “e” bolognese in un dittongo “ea”, che rende la parlata piuttosto caratteristica e personale: la parola “madre” diviene “meadar”!

Franco Rinaldi,
Mirabello 11/8/1977

Così scriveva Franco Rinaldi in un appunto che abbiamo ritrovato e che probabilmente avrebbe dovuto far parte dell’introduzione a un Piccolo Dizionario Mirabellese-Italiano, che evidentemente stava preparando. Abbiamo quindi deciso di aprire queste pagine sul dialetto con i suoi appunti che abbiamo raccolto in

Piccolo Dizionario Mirabellese-Italiano di Franco Rinaldi

Rinaldi non è il solo ad aver raccolto documenti e appunti sul dialetto di Mirabello. Anche Giorgio Bianchi (Gin) ha raccolto alcune note e un elenco di verbi, che ci ha gentilmente permesso di riprodurre

Osservazioni sul dialetto

Vocaboli

Alcuni verbi

Modi di dire

Proverbi

Soprannomi

Personaggi e aneddoti

Dobbiamo a Giorgio Bianchi, con revisione di Sandro Merli, anche la traduzione in dialetto mirabellese di Il piccolo principe di A. De Saint Exupery

Al prinzipin

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