Pannello 19 bis – La mappa di Deodato Monti
Il sig. Fabio Garuti ha rinvenuto questa straordinaria mappa manoscritta nella biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.

Biblioteca dell’Archiginnasio, Comune di Bologna, GDS, Raccolta piante del territorio, Cartella 1, n. 11/2
La mappa è pubblicata per gentile concessione della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.
dimensioni 84 x 116 cm
La firma nell’angolo in basso a destra ci rivela che il suo autore è Deodato (o Adeodato) Monti nel 1747. Grazie alla bandierina segnavento che un tempo si trovava sul campanile a vela di Palazzo (Fig. 1) sappiamo che Adeodato è l’architetto che curò il restauro del Palazzo nel 1746 e, al contempo, il figlio del ministro (cioè del fattore) del Cardinale Aldrovandi.

Fig. 1 – La bandierina segnavento che recita
ADEODATO MONTI PUBblico AGRIMENSore FIGLIO DEL MINIStro DI SUA EMinenza ALDrovandi Cardinale Pompeo MG Incise 1746
(L’evidenziazione in rosso del testo è redazionale)
La mappa riporta, con dettagli precisi e molto interessanti, lo stato delle Tenute di Mirabello (in alto) e di Raveda (in basso) pochi anni prima della morte del Cardinale (1752).
Alcuni spunti di osservazione. La numerazione dei paragrafi seguenti rimanda ai punti della mappa individuati dai numeri posti ai lati della mappa.
1 – Come mostra il disegno in Fig. 2, per appropriarsi della golena abbandonata del Reno (un’area di proprietà del Demanio) il Cardinale vi ha fatto piantare dei pioppi nel 1736.

Fig. 2 – 1736 Il Cardinale ordina di occupare la golena abbandonata di Reno con un pioppeto
Le autorità hanno protestato, ma poi hanno accettato il fatto compiuto. La mappa del Monti mostra che anche più a monte lungo l’alveo, sempre nella golena destra, il Cardinale ha fatto piantare altri pioppi; alcuni da pochi anni, come rivela la loro chioma più piccola (Fig. 3). Questi tre lotti di golena diventeranno i fondi delle tre Ghiaie (di Sopra, di Mezzo e di Sotto).

Fig. 3 – Particolare della piantumazione dei pioppi in golena
Nel disegno in Fig. 2 il nord è in basso (si noti la posizione della rotta e la direzione del flusso in uscita). È quindi ruotato di 180 gradi rispetto alla mappa del Monti e alla foto aerea in Fig. 4, rilevata nel 1954, che mostra che dopo due secoli (tanti sono passati dal rilievo del Monti) sia la golena, di cui il Cardinale si era abusivamente appropriato, sia l’alveo di Reno abbandonato sono ancora perfettamente leggibili. Invece la strada provinciale, all’altezza della Cabianca piega a sinistra, mentre l’antica Via Bassa proseguiva dritta sino a incrociare il viale di Palazzo. La traccia dell’antico percorso è però ancora leggibile nella foto per la differenza di colore delle colture; le frecce bianche ne individuano gli estremi.

Fig. 4 – Foto aerea della Giaia di Sotto, Ca Bianca e Palazzo (volo IGM 1954)
2 – Il n. 18 della mappa individua la Chiavica, di cui abbiamo parlato a lungo nei pannelli precedenti, fabricata l’Anno 1723, come recita la nota ad essa relativa (la n. 18 della legenda al centro della mappa in basso). Prima della Rotta alla Bisacca del 1731, alimentava il Molino Aldovrandi e il canale della bonifica. Ora non è più attiva e anche i suoi canali sono stati interrati.
3 – Individuata dal n. 19 troviamo l’altra Chiavica, o sia diversivo del Molino o Risari, come spiega la nota relativa. Fu costruita nel 1736 e deriva l’acqua dal Reno tramite l’arginello che abbiamo incontrato al punto 2 del Pannello 19. Per suo tramite l’acqua può essere inviata sia alle risaie, sia al Molino, a lato del quale si trova un’Ara per battere il Riso.
4 – Come abbiamo visto al punto 6 del Pannello 19, di fronte a tanta acqua il Cardinale non si arrese e pensò di sfruttarla per coltivare riso. Per questo progettò delle risaie. La mappa mostra che la prima fu realizzata nel 1745, la seconda nel 1746, mentre un’altra è al momento solo prevista: leggiamo infatti: Fosso da farsi per ingrandire la risara e Terreno da ridursi in parte ad uso di risara. I canali delle risaie furono interrati nei primi decenni del XIX secolo, ma la posizione di uno di essi è ancor oggi evidente in condizioni di siccità (Fig. 5). A terreno nudo, in inverno, le foto da satellite (Fig. 6) permettono di intravedere l’intero canale, dalla chiavica n. 19 sino al viale centrale della Tenuta.

Fig. 5 – Agosto 20??: in corrispondenza del percorso del canale delle risare la coltura soffre maggiormente la siccità

Fig. 6 – Inverno 2023 – Sui terreni nudi la foto satellitare mostra la traccia del canale delle risare
(le due freccie ne individuano gli estremi)
5 – Le acque delle risaie si scaricano nel Riolo, che però è ancora interrito per le sabbie trasportate dalla rotta del 1731. La sua riescavazione è in corso: leggiamo infatti Fosso da escavarsi sino allo scolo del Cantone, cioè sino all’angolo in cui esso svolta a novanta gradi verso Sud.
6 – Con matita sanguigna sono tracciate degli edifici in corrispondenza delle posizioni di Santa Camilla e di San Filippo. Non è chiaro se il tratto a sanguigna denoti un futuro progetto o sia semplicemente la preparazione del disegno che non fu poi completato. La presenza di Santa Camilla, realizzata negli ultimi decenni dell’800, fa propendere per la prima ipotesi. A favore della seconda ipotesi sta invece il fatto che nella mappa non sono riportati i numeri corrispondenti ad alcune note. Quelli mancanti sono stati inseriti con cifre di colore bianco.
7 – In parte con matita sanguigna, in parte nera sono delineati i numerosi riazzi, cioè i rami e i rivoli in cui si divide il Riazzo della Rotta Bisacca nella zona di Raveda (Fig. 7).

Fig. 7 – I riazzi in cui si disperde il Reno nella zona di Raveda
8 – Tre lunghe sgarbate, cioè canali da mantenere sfalciati, o sgarbati come allora si diceva, per agevolare il deflusso delle acque (si veda anche il particolare in Fig. 7). Sono realizzate per facilitare lo scolo delle acque invernali dalla tenuta di Raveda.
9 – La corte di Palazzo (n. 1 in Fig. 8) appare composta da soli tre edifici: il Palazzo stesso, la Casa del fattore (n. 2) e la Cassina = Stalla (n. 3); manca il magazzino che non è ancora stato realizzato: lo sarà solo alla metà del XIX secolo. Curiosamente il Palazzo è privo del campaniletto a vela, la cui costruzione, come ci informa la banderuola segnavento (Fig. 1), fu completata dallo stesso Deodato Monti entro il 1746, cioè l’anno prima della data della mappa. Ne dobbiamo dedurre che la stesura della mappa richiese vari anni e che la parte della zona di Palazzo sia stata disegnata molto presto, ancor prima che fosse progettato il restauro del Palazzo e il suo campanile a vela.
Dal Palazzo parte un viale, fiancheggiato da pioppi, al cui inizio sorgono i due pilastri che ancora oggi lo delimitano. Esso conduce alla Via Bassa, che arriva da sinistra, correndo sotto l’argine di Reno. Lì vicino un’escavazione, formata da un antico gorgo, è utilizzata come peschiera.
Dalla parte opposta del viale di ingresso si diparte, come è ancor’oggi, la Lunghina, fiancheggiata da alberi. All’epoca era un viale (un provanone, come si diceva allora) identico al viale di ingresso. Lo apprendiamo dalla lettera già citata del Moratori.
Abbiamo associato la Giazzara (citata in legenda nella nota n. 5) al ‘cono’ disegnato alla destra dei due pilastri del viale di Palazzo, esso appare circondato da alberi, come era tipico delle ghiacciaie.

Fig. 8 – Particolare della zona del Palazzo (n. 1) e Muzzarella (n. 31)
10 – Sono passati 16 anni dalla Rotta alla Bisacca (1731), ma il riazzo della Rotta è ancora ben visibile (particolare in Fig. 3). Sorprendentemente esso è ancora leggibile in prossimità del bordo inferiore della foto aerea del 1954 (Fig. 4), come pure lo è il ventaglio di sabbie che esso ha diffuso in direzione del Palazzo.
Tornando alla mappa del Monti vediamo che la campagna è coltivata solo a Nord-Est del riazzo ed è suddivisa in morelli, fiancheggiati da gelsi e olmi, alternati l’uno all’altro. Il disegno mostra questa disposizione e la loro forma con grande precisione (si osservi il particolare in Fig. 9): i gelsi hanno chioma tondeggiante, come gli olmi, ma da ognuno questi si dipartono tre rami stilizzati, privi di fronde, che si protendono verso l’alto. Gli olmi erano infatti potati in modo che producessero alcuni rami dritti e lunghi, che venivano poi utilizzati per realizzare stanghe e pali. Prima di essere trapiantati nei filari a lato dei morelli, i giovani olmi erano coltivati in un vivaio, un’olmara. La vediamo, individuata dalla lettera E, in alto a sinistra del particolare in Fig. 8.

Fig. 9 – Particolare dei filari di olmi e gelsi alternati che bordano i morelli
Il modo di potare gli olmi che abbiamo descritto fu mantenuto a lungo: lo ritroviamo ancora in fotografie degli anni ’30 (Fig. 10).

Fig. 10 – Olmi potati per la produzione di stanghe e pali (Tenuta Sessa, 1936)
11 – Nel 1746 la bocca della Rotta alla Bisacca (1731) è stata chiusa con un nuovo argine. Leggiamo infatti: Argine di Reno fatto l’anno 1746 (particolare in Fig. 3). Quindici anni dopo la rotta non si era dunque ancora spenta la speranza di riuscire a riportare il Reno nel suo letto.
12 – La corte della Dosa è già quella di oggi: con casa, barchessa e proservizi. A proposito di essa la nota 32 recita: Casa denominata li Dossi fabricata l’anno 1741. Apprendiamo così che il nome Dosa deriva dal fatto che essa è posta su una piccola motta: un dosso, non più alto di un metro e mezzo, ma sufficiente per emergere dalle acque. Col tempo Li Dossi si sarà trasformato in La Dossa, e da qui a Dosa il passo è breve.
13 – Al Cantone di Riolo, c’è una terza risaia attiva.
14 – Individuato dal n. 26 troviamo il Palazzo di Raveda (visibile anche nel particolare in Fig. 7).
Tutte le corti che oggi prospettano sulla strada provinciale sono già presenti nella mappa; troviamo infatti la Coronella (n. 23), le tre Ghiaie (n. 9, 14, e 25, oggi inglobate nella zona industriale), il Molino (n. 21), la Barchessa (n.15, si noti che nella mappa c’è solo un fienile, cioè una barchessa, donde il nome), il Magazzeno (n.12, la nota corrispondente ci informa che era sorto come ricovero del legname prodotto in golena) e la Cabianca (n. 8, allora chiamata Belvedere).
La corte della Muzzarella (n.31) è collegata da una parte (nord-ovest) alla Via Bassa, dall’altra (sud-est) al confine della tenuta, lungo cui corre una cavedagna alberata e un canale. L’elemento di collegamento è un viale alberato, fiancheggiato da due ampi fossi. È interessante notare che il viale centrale, invece, manca dei fossi (Fig. 8 e particolare in Fig. 11). Ricordando che il viale della Muzzarella era l’accesso alla proprietà dei conti ˝˝Muzzarelli, si comprende perché il primo avesse maggiore importanza del secondo: il primo esisteva da oltre un secolo, mentre il secondo era parte di una tenuta ancora in costruzione. Verso sud il doppio filare d’alberi termina prima di giungere al confine, forse perché un vecchio riazzo di Reno lo ha danneggiato o, più probabilmente, perché da sempre terminava in quel punto, all’incrocio con una strada che collegava via Giovecca al ponte di Raveda.

Fig. 11 – Particolare del viale (provana) della Muzzarella (da sinistra in alto in basso a destra), fiancheggiato da un doppio fosso. Perpendicolare ad esso è il viale centrale, che invece ne è privo.
Nell’ottobre del 1735 Angelo Moratori, l’agente del Cardinale che sovrintendeva all’Impresa di Mirabello, informa per lettera il suo padrone che sta facendo costruire una coronella, in altezza di piedi 2 (80 cm), per proteggere il Palazzo perché, dopo la rotta dell’anno precedente alla Bisacca, durante le piene il Reno inclina pericolosamente verso di esso. Ritiene poi necessario alzare il Piano del Palazzo al pari del terrapieno acciò la sortia [affioramento d’acqua prodotto dal sifonamento del terrapieno durante successive esondazioni] non entri nel Palazzo. Allega alla lettera un disegno che mostra il tracciato proposto. Dodici anni più tardi, la coronella è riportata nella mappa del Monti, rappresentata con una sequenza di piccoli tratti diagonali affiancati. Per facitarne l’individuazione in Fig. 12, è stata evidenziata con una linea continua rossa, che corre parallela ad essa. Col passare degli anni le torbide portate da Reno hanno alzato tutto il territorio circostante, ma allora, evidentemente, la coronella doveva emergere ancora dal terreno dal lato verso la campagna.

Fig. 12 – La coronella che difendeva il Palazzo
Un’ultima osservazione: in tutta la tenuta di Raveda non compaiono né campi, né alberature. La rotta ha sommerso tutto e ora si presta solo a un’economia di tipo vallivo e pascolivo, nei periodi secchi.