Militaria

Fig. 1 – Mappa dei luoghi di ritrovamento del materiale militare (militaria): I equipaggiamento italiano e tedesco, L equipaggiamneto britannico e americano, M munizioni e altri oggetti
A differenza delle monete, e con un’unica eccezione, i reperti di origine militare provengono solo da un brevissimo arco di tempo: i 21 mesi tra l’agosto del 1943 e l’aprile del 1945.
L’eccezione è costituita dalle palle da spingarda (M1, Fig. 2), attribuibili al XVII secolo, trovate presso l’osteria all’inizio della strada di cui si parla nella parte destra del Pannello 26 e più approfonditamente nella pagina Una strada per Raveda.

Fig. 2 – Palle da spingarda del XVII secolo (M1)
Gli ultimi mesi di guerra furono densi di avvenimenti a Mirabello e per il Palazzo in particolare. Nell’agosto del 1943 vi si installa il comando della Luftwaffe dell’aeroporto di Poggio Renatico. Il 21 ottobre 1944, con l’approssimarsi della linea del fronte, gli aerei vengono spostati a nord del Po e un ospedale della Wehrmacht prende il posto della Luftwaffe. Il 21 aprile 1945 i tedeschi, spinti dalle truppe della 8a Armata britannica, che hanno sfondato ad Argenta e si avvicinano rapidamente, abbandonano il Palazzo, per ripiegare verso il Po. Il 22 aprile il 16˚/5˚ Queen Royal Lancers della 6a Divisione Corazzata britannica libera Mirabello e si acquartiera per la notte in varie case, tra cui il Palazzo e attorno ad esso. Lo stesso giorno a Poggio Renatico, alcune pattuglie del 17°/21° Lanc., che era rimasto bloccato dalla resistenza tedesca, si incontra con unità del 28° Battaglione Maori e del 23° Battaglione della 5a Brigata neozelandese, che, avanzando da sud, avevano costruito una testa di ponte oltre la ferrovia a sud-ovest della cittadina. Alle 6:30 del giorno successivo (23 Aprile) iniziano assieme l’avanzata verso Sant’Agostino, che viene raggiunto senza difficoltà: i tedeschi l’hanno lasciato poche ore prima. La sera la 8a Divisione Indiana di fanteria raggiunge il Po presso Ferrara, mentre la 5a Brigata Neozelandese raggiunge la 6a Divisione Granatieri (DG) britannica sulle sponde del Po presso Bondeno. Il 24 le unità della 6° DG attraversano il fiume, lasciando il controllo dell’area di Bondeno alle unità neozelandesi che si dispiegarono a sud della cittadina. Le testimonianze raccolte (si veda la pagina 25 Aprile – Arrivo degli Alleati), concordano nel riferire che nei giorni seguenti reparti britannici, neozelandesi e indiani si accamparono presso il Palazzo, mentre gli americani erano a Finale.
Tutti questi corpi, i soldati italiani e germanici prima, britannici, neozelandesi e indiani poi, hanno lasciato le loro tracce: munizioni, i bottoni, i fumogeni, generatori di fumo per le zanzare e altri oggetti (Fig. 3).

Fig. 3 – Materiale militare trovato attorno al Palazzo
Quattro dei pezzi trovati raccontano storie, o traccie di storie, interessanti che vale la pena raccontare.
Un Safety Address

Fig. 4 – Il contenitore per Safety Address e il suo contenuto (I6 e I7)
Come mostra la Fig. 4, si tratta di un piccolo cilindro (11 x 32 mm) di alluminio, apribile, il cui tappo è dotato di un foro, in cui si può inserire un cordoncino per appenderlo al collo. Conteneva il foglietto di carta che vedete in figura: vi è stampato SAFETY ADDRESS e, al momento del ritrovamento vi si leggeva via Masetti, scritto a matita. Purtroppo in pochi giorni la scritta è evaporata.
Si è appurato che l’oggetto era in dotazione agli uomini del SOE (Special Operations Executive): i commandos britannici infiltrati durante la guerra in tutta Europa, dietro le linee germaniche. Raccoglievano informazioni, mantenevano i contatti con i partigiani ed effettuavano sabotaggi. Il safety address era un ‘indirizzo sicuro’ a cui far riferimento, ad esempio un punto di incontro con i partigiani. Un uomo del SOE potrebbe aver perso, o buttato, a guerra finita, il suo safety address nella corte di Palazzo. Ma c’è un’altra possibilità: il 20 maggio 1945 i paracadutisti italiani dello Squadrone F del Gruppo di combattimento Folgore, vennero lanciati nell’Alto Ferrarese: era l’Operazione Herring. Tutti erano stati addestrati alla scuola del SOE ed è quindi molto probabile che avessero ricevuto anch’essi un safety address.
Orbene, gli uomini della pattuglia U (atterrata a Raveda) e/o i sopravvisuti della pattuglia I (atterrata a Madonna Boschi) potrebbero essere stati alloggiati dagli Inglesi nella corte di Palazzo dopo il loro recupero. È a favore di questa ipotesi il fatto che le unità che li recuperarono il 23 aprile erano del 16°/5° Lanc., che, dalla notte del 23, si acquartierò a Palazzo; inoltre il Palazzo era il luogo più opportuno per alloggiare i paracadutisti, tanto più se uno di loro fosse stato ferito: era infatti un ospedale militare attrezzato, ma vuoto, perché era stato appena abbandonato dai Tedeschi, che, ritirandosi, avevano portato con se i loro ricoverati.
L’indirizzo Via Masetti potrebbe aiutare a capire a quale pattuglia questo oggetto fosse appartenuto. A Mirabello esiste una via Masetti, ma è di realizzazione postbellica. Vi sono altre Via Masetti nella zona interessata dall’Operazione Herring, ma tutte sono nate dopo la guerra, tranne una: a Badia Polesine. Essendo però quest’ultima al di là del Po, sembra improbabile possa essere stata indicata come porto sicuro per paracadutisti lanciati a sud del fiume, la cui azione avrebbe dovuto essere completata in 24-32 ore. Se la via indicata fosse quella di Badia Polesine si dovrebbe pensare a un SOE britannico. Rimane la possibilità che la Via Masetti allora indicata oggi non esista più.
La piastrina militare di Alfonso Bovina

Fig. 5 – Piastrina militare di Alfonso Bovina (I2)
Tra i reperti militari compare anche una piastrina di riconoscimento (I2, Fig. 5), intestata a Alfonso Bovina. Il nipote di Alfonso, Arturo Bovina, racconta nel video qui sotto la storia dello zio: fu inviato in Russia con l’ARMIR come mitragliere, fu gravemente ferito e rientrò in Italia prima dell’inizio della ritirata. Giunto a casa, gettò la sua piastrina nella spazzatura. Ma allora la spazzatura si seppelliva in una buca nei campi, e così, nel 2020, la sua piastrina è stata ritrovata.
Il candeliere della Dosa

Fig. 6 – Frammenti di un candeliere ritrovati alla Dosa
Un altro reperto curioso è costituito dai resti di un candeliere in ottone (M7, Fig. 6), trovato nel cortile della Dosa, all’altezza del pozzo sulla strada di accesso alla casa. La base spezzata, la filettatura slabbrata e il fusto sceggiato mostrano che il danno fu inferto da un colpo molto violento. Non si può non pensare all’episodio della bomba caduta alla Dosa, che Arturo Bovina racconta nel video che segue
Un caccia mitraglia via Giovecca

Fig. 7 – Munizioni calibro 12,7 per mitragliatrice di aereo caccia
Nel 1945, come racconta Arturo Bovina nel video qui sotto, un caccia alleato passò bassimo su via Giovecca e mitragliò un’auto di militari tedeschi. Alcuni proiettili sono stati ritrovati, assieme a una cartuccia completa, espulsa perché non esplosa.