La banderuola segnavento

Foto 1 – La facciata principale di Palazzo Sessa-Aldrovandi con la torre campanaria a vela su cui svetta la banderuola segnavento
Sulla sommità della torre campanaria a vela del Palazzo svetta una banderuola segnavento, che non può essere raggiunta senza un ponteggio, giacchè è posta a più di otto metri dalla falda del tetto (Fig. 1). Come spiegato in un precedente articolo, per effettuare il restauro dopo il terremoto, la torre fu imbrigliata in un un ponteggio metallico a tubi e giunti (foto 5 dell’articolo citato) che terminava in una piattaforma (Fig. 2) su cui si pose la trivella per imperniare con barre d’acciaio i pilastri della torre (si vedano le ultime foto dell’articolo citato). Grazie a questa piattaforma fu possibile esaminare la banderuola e il suo basamento.

Fig. 2 – La torre campanaria a vela imbrigliata dal ponteggio e la piattaforma di lavoro da cui spunta la banderuola segnavento e il suo basamento
Sul basamento si è rinvenuto un graffito (Fig. 3 e 4)
RISTAURATO
NEL 1930
FANTONI FLAVIO
Esso dunque tramanda ai posteri un restauro effettuato da Flavio Fantoni, l’impresario edile che dagli anni ’30 al ’50 curò la manutenzione degli edifici della tenuta Sessa. Sotto la scritta, incisa in caratteri lapidari, si riconoscono due firme di difficile decifrazione: una è forse di un tal Baredelli Luigi, l’altra è illeggibile. Sono certamente dei muratori che effettuarono il restauro.

Fig. 4 – Il graffito in luce radente. Si notino le firme delle maestranze aggiunte sotto il nome di Flavio Fantoni, l’impresario edile che curò il restauro
Tra la data e Fantoni sono inserite nell’intonaco due monete da 5 centesimi (Fig. 4 e 5), che espongono le due opposte facce: una mostra l’effige di Vittorio Emanuele III, il re d’Italia al tempo, l’altra una spiga di grano e l’anno di conio: il 1927. Sin dall’epoca romana è invalso l’uso di inserire monete nelle costruzioni per certificarne la data di realizzazione. Lascia solo un poco perplessi il fatto che le monete siano del 1927, mentre il graffito dichiara che il lavoro fu realizzato nel 1930.
Dunque nel 1930 si effettuò un restauro della torre. S’era persa memoria di questo intervento, da cui probabilmente trae origine la tradizione famigliare (di cui abbiamo riferito in un precedente articolo) che vorrebbe che sul basamento della banderuola fosse posta la seguente scritta
ADEODATO MONTI
PUB. AGRIMENS.
FIGLIO DEU
MINIS.
DI SUA EM. ALD. C. P.
MGI 1746
[ADEODATO MONTI
PUBBLICO AGRIMENSORE
FIGLIO DI DIO cioè trovatello
MINISTRO DI SUA EMINENZA ALDROVANDI Cardinale Pompeo
MGI [?] 1746]
a tramandare il ricordo della costruzione della torre campanaria a vela. Ma sul basamento di tale scritta non c’è traccia.
In realtà la scritta c’è. E’ solo posta in altro luogo: si trova rozzamente incisa sulla banderuola in rame, che si presentava molto usurata dalle intemperie tanto che solo una delle due cerniere originarie la tratteneva ancora all’asta. Su di essa infatti è scritto (Fig. 6 e 7):
DEODAT: MONTI
PUB: AGRIMENS:
FIGLIO DEL
MINIS:
DI SUA EM: ALD: G:B:
MGI: 1740
dove il segno : denota evidentemente l’omissione della parte finale di una parola. Il testo si può così ricostruire:
DEODAT[o] MONTI
PUB[blico] AGRIMENS[ore]
FIGLIO DEL
MINIS[tro]
DI SUA EM[inenza] ALD[rovandi] G[iovan] B[attista]
M.G. I[ncise ?] 1740
La tradizione è di fatto confermata. Vi sono solo alcuni piccoli dettagli da correggere. Non si tratta di un ADEODATO ma di un DEODATO, e forse quella errata ‘A’ iniziale ha suggerito l’idea che esso fosse un trovatello, portando così a leggere la ‘L’ di DEL come fosse una ‘U’, ottenendo così ‘figlio di Dio’. Anche la ‘C.P.’, che la tradizione interpreta come Cardinal Pompeo è in realtà una ‘G. B.’.
Chi fosse ‘G. B.’ lo apprendiamo da documento del 1736 (Fig. 8), conservato nell’Archivio di Stato di Bologna [Aldrovandi_Vol 209_Fasc 33_04], dove compare un tal Giovan Battista Monti fattore, cioè ministro, del cardinale Aldrovandi.

Fig. 8 – Documento del 1736 in cui è citato Giovan Battista Monti in qualità di fattore del cardinal Aldrovandi
Deodato era dunque suo figlio e la scritta sulla banderuola ci rivela che fu lui a curare la costruzione della torre campanaria, come già notato in un’altra pagina, fu certamente realizzata in epoca successiva alla costruzione del Palazzo: nel 1740, come ora correttamente leggiamo, e non nel 1746, come voleva la tradizione. Essa si fondava errata lettura dello ‘0’ che poteva essere letto come ‘6’ interpretando come parte del simbolo la lacerazione del rame appena sopra lo ‘0’. Avendo smontato la banderuola, è stato possibile ripulirla con cura e leggerla sotto luce randente (come in Fig.6), cosa che non fu certamente possibile nel 1930 perché l’asta di supporto era così profondamente murata nel suo piedestallo che siamo stati costretti a tagliarla per rimuovere la banderuola.
Solo l’ MGI finale è rimasto inspiegato; dove forse la ‘I’ sta per ‘Incise’.
La banderuola è stata rimossa e posta nel Museo a fianco del Pannello 17 in cui si parla della scritta che essa conserva. Il suo posto è stato preso da una copia (Fig. 9), realizzata da Gabriele Piella, su cui si è riportata la scritta originaria.
Anche il basamento è stato restaurato (Fig. 10), chiudendo le fratture che il tempo aveva aperto, consolidando il graffito del 1930 e aggiungendo una nuova placca in rame (Fig. 11), che tramanda ai posteri i nomi di Giuliano e Mirko Rebecchi che con grande perizia e impegno hanno realizzato il non facile restauro di Palazzo dopo i gravi danni che il sisma gli ha inferto. Secondo l’antica tradizione due monete da 2 € del 2012 conprovano l’anno del lavoro, che fu concluso nel tardo novembre.

Fig. 11 – La targa commemorativa dei lavori di restauro dopo il terremoto e le monete da 2 € poste a conferma del millesimo
Anche un’altra simpatica tradizione è stata rispettata: come nel 1930 anche questa volta i muratori, che tanto bene hanno lavorato, hanno giustamente firmato la loro opera. Smontando il ponteggio abbiamo rinvenute le loro firma sulla chiave di volta dell’arco sopra la campana (fig. 12). La prestigiosa posizione è giustamente meritata.
Prima della fine del 2012 si iniziò a smontare il ponteggio che imbrigliava la torre, ma una bella nevicata fece sospendere i lavori (Fig. 13). La banderuola era però già libera e dall’alto della sua torre orgogliosamente decise a sfidare i decenni che la separano dalla prossima visita di un essere umano.