Monete
Fig. 1 – Mappa dei luoghi di ritrovamento delle monete
Notevole è il numero di monete ritrovate: 62 di 38 tipi diversi. Esse sono elencate, per data di coniazione crescente nella tabella riportata nel Pannello 26 Il terreno racconta.
Osservando la mappa dei luoghi di ritrovamneto si nota che essi si addensano soprattutto attorno al Palazzo e all’ingresso alla Tenuta Sessa su via Giovecca. In entrambi i luoghi, gli esemplari ritrovati coprono uniformemente il periodo dal ‘500 al ‘900.

Fig. 2 – Un baiocco (B2) di Benedetto XIV della zecca di Gubbio (1740-1758)
La concentrazione attorno al Palazzo è facilmente spiegabile: sin dal 1500, per motivi diversi (la casina dei Ruini, il Palazzo del Cardinale Aldrovandi, la sede dell’Amministrazione della Tenuta Sessa, l’Ospedale Militare Tedesco) esso è stato un polo di attrazione. I tre esemplari di baiocco Ferrarese (B2, Fig. 2) di Benedetto XIV, il papa Lambertini, ritrovati nel prato davanti al Palazzo, circolavano negli anni in cui sono stati probabilmente persi durante i lavori di interrimento per alzare il livello del terreno (dentro e fuori il Palazzo) dopo la rotta alla Bisacca del 1731. Sarebbe logico attendersi che con quel riporto siano rimaste sepolte in profondità le monete più antiche, ma, ne sono state ritrovate tre (A1, A5 e A6) le cui date di conio sono anteriori (1539, 1646-1655, 1700-1709). Due sono le possibilità: o esse continuarono a circolare a lungo o si trovavano nella terra utilizzata.

Fig. 3 – Due soldi o gazzetta (1539-1559) del Doge Pietro Lando, Venezia (A1)

Fig. 4 – Solda da 12 bagattini (1646-1655) del Doge Francesco Molin, Venezia (A5)

Fig. 5 – Solda da 12 bagattini (1700-1709) del Doge Alvese Mocenigo II, Venezia (A6)
Anche all’ingresso di via Giovecca le monete sono numerose (18) e distribuite sull’arco di quasi tre secoli: dal quattrino di Paolo V del 1610 (A3, Fig. 6)), ai 2 centesimi di Umberto I del 1900 (D7), passando per soldoni (A4, Fig. 7) e soldi (B1) veneziani, baiocchi (B2) e quattrini (B5, Fig. 8) pontifici, soldi austriaci (B6, Fig. 9) di Maria Teresa e un rarissimo 5 centesimi coniato dal Governo Provvisorio di Venezia (la Repubblica di San Marco) durante l’insurrezione del 1849 (C8, Fig. 10), poco prima di ricadere sotto il dominio austrico, dopo una lunga e strenua resistenza. Queste sono solo alcune delle motete, trovate le altre nella teca associata al Pannello 26 – Il terreno racconta.

Fig. 6 – Un quattrino (1610) di Paolo V, zecca di Bologna (A3)

Fig. 7 – 10 soldi (1734) del Doge Alvise Pisani, Venezia (B1)

Fig. 8 – Mezzo baiocco (1746) di Benedetto XIV, zecca di Ferrara (B4)
Fig. 9 – Un soldo (1767) di Maria Teresa d’Austria, zecca di Gorizia (B6)

Fig. 10 – 5 centesimi (1749) Governo Provvisorio di Venezia (C8)
Non esiste una ragione evidente che spieghi come si sia formata questa concentrazione plurisecolare attorno all’ingresso di via Giovecca. La cosa ci ha intrigato e abbiamo fatto qualche ricerca. Presentiamo il risultato a cui siamo pervenuti, l’identificazione di un’osteria su una antica strada, in una pagina dedicata.
Sono molto significativi anche i poli di attrazione minori:
- gli anni di conio (1799-1862) delle sette monete ritrovate al centro della Lunghina (il lungo viale alla destra del Palazzo nella mappa) rivelano che esso fu un viale (provana) di accesso al Palazzo sin oltre la metà dell’800. Ne troviamo conferma nella mappa del Monti e nella lettera del 1735 di Angelo Moratori, il fattore del Cardinale. Evidentemente essa fu trasformata in un campo solo verso la fine del XIX secolo.
- alla Dosa, come è logico attendersi, le monete ritrovate sono tutte posteriori alla sua fondazione (1741) e (quasi) lo stesso accade alla Lungagnola.
- l’ultimo gruppo, infine, si dispone lungo la coronella realizzata nel 1735 per difendere il Palazzo dalle piene di Reno. Essa fu usata per secoli come fosse una strada, perché sul suo percorso si trovava un pozzo, che rimase attivo sino alla fine degli anni ’40. Esso era stato scavato per servire la casa del Boaro, che troviamo indicata con il numero 4 nella mappa del Monti, ma rimase in uso ben oltre l’abbattimento di quella: è ancora presente nella mappa redatta dai Moradet nel 1872.
