3 – Le rotte del Reno (Pannello 3)
Come già accennato, il Reno, assai più torrente che fiume, era un corso d’acqua estremamente indocile, mentre il materiale disponibile in loco per le arginature era scarso e inadeguato; inoltre l’Assunteria delle acque, prudente nel suo oculato e parsimonioso bilancio, si mostrava restia ad ogni spesa che non apparisse urgente, e, quando possibile, preferiva scaricare il dovere e il compito di innalzare e di riparare in maniera adeguata gli argini sugli interessati locali (i proprietari frontisti). Questi, d’altra parte, per contrasti tra le proprietà, non potevano modificare in alcun modo il corso delle acque e talora (come i Ruini alla fine del sec. XVII, vedi Par. 10.3) non si trovavano in grado di provvedere ai lavori più necessari per incompetenza o per difficoltà economiche.
Per tali ragioni non furono mai eliminate dal fiume le numerose bòtte[1], che, se rallentavano nelle magre il corso del fiume, nelle piene, malamente rafforzate con palate e rinforzi di terra friabile, cedevano periodicamente, provocando rotte disastrose, che annullavano in poche ore ogni sforzo fino a quel momento compiuto per mettere a coltura gli appezzamenti sottratti alle acque, Si può affermare che dalla canalizzazione (1526) del Reno in Po di Ferrara, che rappresenta il primo serio tentativo di sistemazione del Fiume, fino al 1752 e oltre, la storia delle condizioni ambientali del territorio di Mirabello e dintorni sia caratterizzata dalla successione delle varie rotte, avvenute nelle maggiori bòtte del fiume. I nomi sono sempre gli stessi: Cremona, Panfilia, Annegati, Bisacca, ma le date variano e si moltiplicano, perché gli allagamenti si ripeterono nell’una o nell’altra di esse, quasi ad ogni piena e le piene si verificavano, in maggiore o in minor misura, più volte all’anno, d’inverno e d’estate: sempre improvvise e solo approssimativamente prevedibili in base a particolari condizioni meteorologiche. Nel Pannello 3, presentiamo solo alcune delle numerosissime mappe e dei profili per rendere l’idea dell’interessamento che sempre il problema suscitò nei tecnici: la ricostruzione del corso del Reno e la gravità della rotta grande di Reno del 1716 (mappe dell’ala destra del Pannello 3) può aiutarci ad intendere meglio la mappa 3.4 che illustra la rotta degli Annegati (1738); la lettura topografica del tratto da S. Agostino a Mirabello del 1800 (mappa 3.6) ci guida a collocare le più gravi rotte.
Mappa 3.6 – 1800 circa – Il corso del Reno nel tratto da S. Agostino a Mirabello [Arch. Comunale Ferrara, mappa 9, busta 6]
In sostanza l’ambiente in cui oggi viviamo si presentava, sotto l’azione delle forze naturali, come un immenso acquitrino, dal quale emergevano solo canneti, piante acquatiche, alberi e rari e limitati dossi e poggi. Miasmi e malaria lo rendevano inospitale e malsano. Le alluvioni e le torbide modificavano continuamente i contorni delle ‘isole’ che affioravano qua e là dalla palude.
Tutto quello che oggi vediamo e le condizioni di vita che ci sono concesse sono frutto della secolare opera dell’uomo, che, pur attraverso errori, lentezze e contrasti, grazie alla sua intelligenza e alla sua tenacia, è riuscito a trasformare radicalmente l’aspetto e le condizioni climatiche del paese.
[1] ansa del fiume in cui la corrente batte contro l’argine e quindi soggetta a forte erosione, N.d.C.