Pannello 8 – Le torri

Mano a mano che si recuperava il territorio alla coltura, gli Stati, che rivendicavano presunti diritti, avvertirono l’esigenza di controllare l’intero paese. Una pianura la si domina bene dall’alto: fu quindi ideato un sistema di sorveglianza costituito da numerose torri, molte delle quali si stagliano, ancora oggi, sull’orizzonte.

Si osservi la carta 1:  su una linea, grossomodo coincidente con l’antico letto del Riolo-Ladino, che fu la via d’acqua tra Bologna e il Po prima della costruzione del Navile, si susseguivano le torri di Galliera, del Cocenno, da Verga e del Fondo; in riva alla valle del Poggio sorgeva la Torre dell’Uccellino (o Ocelino, o Occellino).

Carta 1 – Le torri in una carta della seconda metà del ‘500

La lapide che ricorda Torre Verga

Le torri di Galliera, del Cocenno e dell’Uccellino  esistono tuttora.  La Torre da Verga (che  dava il nome a un canale, a una strada e alla zona circostante) venne demolita alla fine del ’800, come racconta la lapide, riprodotta nella foto, che, preso forse da rimorso,  colui che la fece abbattere volle fosse posta là  dove sorgeva, in fondo alla via Giovecca.

La Torre dell’Uccellino

La  Torre del Fondo fu distrutta dalle piene del Reno dopo la sua deviazione nella Sanmartina, nel 1604, e ricostruita come villa nel 1685.  Innumerevoli documenti citano queste torri, perché costituivano spontanei punti di riferimento per la specifica dei confini.

La Torre da Verga (detta anche semplicemente Torre Verga) fu edificata nel 1297, per decreto del popolo di Bologna, e, come già le torri dell’Uccellino (realizzata nel 1242) e del Fondo (già esistente nel 1293), sorse sulla confina con il Ferrarese, come punto di osservazione e di riscossione dei dazi.
Una antica Historia di Bologna così riferisce la ragione e i modi della sua costruzione:
...  All’ultimo di Febraro il Consiglio congregato decretò che si facesse la torre nelle Valli, nel luogo detto Bocca di Vedega, verso la città di Ferrara,  atciochè le vettovaglie, & particolarmente la legna, non si potessero estrahere del Contado di Bologna & condurre a Ferrara; la qual torre fu fabricata alle spese di quei che avevano le possessioni in quella contrada per la terza parte, & per l’altra del Comune di Bologna; & costò lire seicento.

Tutte le torri furono oggetto di lunga contesa tra le due città.  Nel 1309 la Torre del Fondo era presidiata da Bologna, della cui Legazione faceva allora parte, ma passò poi a Ferrara. Sorgeva presso Coronella, che ancor’oggi è divisa dalla via della confina in due parti: una dipendente da Poggio Renatico, un tempo nello stato di Bologna, e una da Vigarano Mainarda, che apparteneva invece a Ferrara.

Carta 2 – Le torri al bordo della palude (1660)

La carta 2, realizzata nel 1738 per documentare gli effetti della rotta degli Annegati, mostra come, tre secoli dopo la costruzione, le torri rimanessero ancora punti certi nel riferimento mentale dei contemporanei: esse infatti figurano accanto ai paesi e ai palazzi dei signori.  A seguito  della rotta degli Annegati il livello dell’acqua nelle valli tornò alla quota che aveva prima delle bonifiche realizzate nei due secoli precedenti. Si può così notare come le torri fossero disloccate a presidio, non solo della strada e della via d’acqua più importanti per Bologna, ma anche del bordo della palude: Bologna per prima comprese infatti la potenzialità economica delle paludi e ne  rivendicò la sovranità punteggiandone il bordo di torri. Il toponimo Galliera, dal celtico Gal Lyr (che significa confine d’acqua), dimostra infine come la linea di spiaggia  della palude fosse rimasta per millenni immutata.

Spostiamo ora l’attenzione sul lato destro del pannello. Pur se oggi incorporata in un cascinale, la Torre del Cocenno è la più interessante tra quelle sopravvissute, sia per il suo stato di conservazione, sia per le indicazioni storiche ed economiche che fornisce. Sulla facciata compare un’iscrizione (riprodotta al numero  3) che riporta l’anno della sua costruzione: il 1233. E’ probabilmente il più antico documento presente nella nostra zona. La banderuola, riprodotta al numero 4, che sino a pochi anni fa sventolava sul suo culmine, rivela che la torre appartenne ai monaci Olivetani del Convento di S. Michele in Bosco di Bologna, che possedevano grandi proprietà nella zona. E’ grazie all’ininterrotta proprietà del monastero che l’edificio è giunto in buono stato di conservazione sino alla fine del XX secolo, pur se ridotto a magazzino e inserito fra costruzioni che ne falsano l’aspetto originale. Oggi è  purtroppo in grave stato di decadenza.

La Torre del Cocenno

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