Pannello 15 – Destra Reno: gli Aldrovandi
Sulla riva destra del Reno sorse la più interessante impresa signorile del secolo XVIII, le cui vicende costituiscono una vera pagina di storia politica, tecnica ed economica. Si tratta del tentativo, condotto dalla famiglia dei conti Aldrovandi di Bologna, di creare un vero e proprio feudo, creando una vasta possessione in una zona in gran parte valliva, bonificandone le terre sommerse o improduttive, per sfruttarle poi con le colture più redditizie, fino a costruire un’ampia tenuta autosufficiente, capace di assicurare al casato sicuri e notevoli profitti, dotata di fornaci, mulini, fabbri, falegnami, negozi di alimentari, peschiere, risaie. Il successo non era facile da ottenere, ma a farlo fallire furono unicamente i capricci del Reno che dopo la rotta degli Annegati lasciò la zona priva dell’indispensabile contributo delle sue acque.
Non è chiaro quando e come gli Aldrovandi, illustre famiglia bolognese che dal 1488 aveva un seggio nel Senato cittadino, siano entrati in possesso dei primi appezzamenti nel Mirabellese, ma è certo che questi dovevano trovarsi già vicino al traghetto, presso la casa Isolani, e nelle valli presso Raveda. La loro politica di espansione territoriale ed economica iniziò quando Filippo Aldrovandi, figlio di Ettore e Smeralda Marescotti, ereditò dallo zio Raniero i beni di quel casato e si trovò a disporre nella zona di vaste proprietà che, in pratica, furono sempre amministrate dal genio intraprendente e impulsivo del suo fratellastro Pompeo.
Questi era nato nel 1668 e, in quanto figlio cadetto e di secondo letto di Ettore, venne avviato alla carriera ecclesiastica. Fu un prelato politicante, affarista, non sempre rispettoso esecutore della volontà pontificia: nel 1717 divenne Nunzio in Spagna, ma fu richiamato perché con iniziative arbitrarie rischiava di compromettere la politica della Chiesa. Ciò nonostante nel 1734 divenne Cardinale e nel Conclave del 1740 contese per quaranta giorni la tiara al cardinale Lambertini, che divenne papa Benedetto XIV. Anche il Lambertini era bolognese e la sua famiglia possedeva vaste tenute, dal Poggio sino a Raveda (nel Pannello 7, vi ricordate?, abbiamo riferito di baruffe tra i paron delle due case). Nello stesso 1740 Benedetto XIV nominò l’Aldrovandi legato di Romagna. Nonostante queste sue intense attività, Pompeo dedicò grande interesse all’ impresa di Mirabello e il fratellastro Filippo si fidò sempre ciecamente di lui. E non sbagliò a fidarsi!
Pompeo Aldrovandi acquistò alcuni terreni sulla destra di Reno e puntò sullo sfascio imminente della Casa Ruini. Grazie a prestiti largiti, tramite prestanomi, alla duchessa Isabella Bonelli-Ruini si ritrovò proprietario di una grande tenuta, sia pure in rovina, ma con terreni fecondi e posta in posizione favorevole ai progetti che andava da tempo elaborando: restaurare le case decrepite, investire capitali in ripristini e migliorie, ma soprattutto colmare (alzare) le terre basse, per sottrarle definitivamente alla palude, prosciugarle e porle a coltura. Pensava di farlo sfruttando abilmente le torbide del Reno, cioè il materiale alluvionale che le sue acque trasportano durante le piene, così che, proprio quelle acque che erano state causa di tutti i mali della zona, sarebbero divenute la fonte della prosperità e della ricchezza.
Una rapida occhiata ai documenti: la mappa in alto a destra, pur se posteriore alla Rotta Panfilia (1751) e alla morte del cardinale Aldrovandi (1752), è l’unica tra quelle rinvenute che mostri il complesso dei beni degli Aldrovandi: oltre ai terreni che un secolo più tardi costituiranno la Tenuta Sessa, essi possedevano ampie proprietà a Raveda e San Venanzio. Integrandola con altre fonti abbiamo disegnato la mappa sotto di essa delle proprietà a Mirabello e Raveda. Si noti come tra esse risultassero inglobate proprietà dei Sampieri e dei Malvezzi (Lungagnola).
Al centro riproduciamo alcune pagine della Relazione del 1723 sulla visita fatta delli beni di Mirabello ultimamente acquistati da Monsignore Aldrovandi dalli Sig.ri Bonelli (Ruini) fatta dal Sig. Galimberti, agente dell’Aldrovandi. Il Galimberti scrive in colonna destra, Monsignore risponde in colonna sinistra. E’ una regola che troveremo sempre applicata nelle lettere e relazioni presentate nei prossimi pannelli.
Le risposte marcate con una linea rossa rivelano che l’Aldrovandi ha ormai maturato l’idea, che illustreremo meglio nel prossimo pannello, di innalzare i propri terreni per colmata, facendo cioè transitare le acque di piena del Reno, cariche di sedimenti, sui suoi terreni, incurante del fatto che i terreni dei confinanti potrebbero venir danneggiati. Rammaricarsi che in occasione di una rotta non si fosse tagliato prontamente l’argine in confine al fine di conseguire quello scopo, ma in assenza di un preventivo accordo con il proprietario dei terreni limitrofi, non era certo un’idea da gentiluomo.
Un tal modo di procedere, “poco ortodosso”, emerge anche dal commento marcato in blu: Viaggi, il vecchio fattore dei Ruini, spera di rimanere fattore del nuovo proprietario, ma l’Aldrovandi ha altri progetti su di lui: medita di utilizzarlo come prestanome per affittare le terre confinanti, così da poterle impunemente sommergere.
Monsignore non si limitava a definire le grandi strategie, esercitava anche un controllo minuzioso e ossessivo sulla gestione e gli indirizzi colturali: per questo voleva essere informato non solo sulle caratteristiche delle diverse possessioni, ma pure sulle valli e sul pescatore che le faceva rendere; chiedeva se l’estensione dei maceratori fosse sufficiente per trattare tutta la canapa che si proponeva di coltivare; era interessato ai mori (gelsi) per poter allevare un maggior numero di vermi (bachi) da seta, ..