Pannello 17 – L’apogeo della famiglia Aldrovandi

Accanto allo sviluppo dell’Impresa, gli Aldrovandi non avevano trascurato altre iniziative, tra cui la costruzione di due palazzi, uno a Bologna (foto 1), l’altro nella tenuta di Mirabello (foto e disegno al numero 2). Del palazzo di Bologna  (oggi Montanari), in via Galliera, ricordiamo solo che i laterizi per la costruzione furono prodotti nella fornace di Mirabello e trasportati a Bologna, via Riolo e Navile (abbiamo visto le mappe del percorso nel Pannello 7). L’architetto fu Alfonso Torreggiani,  forse il massimo esponente del tardo-barocco bolognese.

Il Palazzo Aldrovandi di Bologna

Un particolare delle finestre

Il Palazzo di Mirabello fu realizzato trasformando la Casina dei Ruini (di cui abbiamo parlato nel Pannello 14).  Non si risparmiò signorilità e decoro: lo scalone (oggi scomparso) fu disegnato dallo stesso Torreggiani;  l’orologio e la campana furono acquistati da artigiani di Venezia e Ravenna (come comprovano le ricevute al numero 5); uno specialista fu incaricato di scolpire l’insegna nobiliare di macigno da porre sulla facciata e un altro di realizzare il trasporto della mostra delle ore nella sala grande, cioé un quadrante murario che riportasse le ore segnate dall’orologio sulla facciata.

Il Palazzo Aldrovandi di Mirabello

È il momento di massima attività e di massimo splendore (documenti 3 e 4): i molini lavorano intensamente, nuove terre vengono messe a coltura, vengono piantati frutteti e il Palazzo è circondato con siepi,  vecchie case sono ristrutturate, altri edifici costruiti di nuovo. Tutti recano sulla porta l’arma degli Aldrovandi, in ferro o in pietra, come mostrano la grata per lunetta, montata sulla foto al vero della porta alle vostre spalle, e l’arma scolpita in arenaria sospesa nella porta alla destra della prima.

Pompeo accentra tutto a sé, interviene persino sull’assunzione del medico condotto del paese (documento 6), e pretende dettagliati rapporti sulle produzioni dell’Impresa.

La Cappella di San Petronio

Il cenotafio del Cardinale Aldrovandi

Dopo il conclave del 1740 il Lambertini, divenuto papa Benedetto XIV, nominò il suo rivale Legato di Ravenna e nel 1742 donò alla basilica di San Petronio la testa del Santo, sino allora conservata insieme al corpo nella chiesa di Santo Stefano, affinché fosse collocata nella cappella che il Cardinale andava da anni allestendo per la sua sepoltura. Consapevole del prestigio che l’operazione avrebbe portato a sé e alla sua famiglia, il Cardinale si impegnò a completare la cappella nel modo più sontuoso (osservate le foto al numero 7). Commise l’opera ad Alfonso Torreggiani, che realizzò uno dei capolavori del rococò italiano. L’opera gioca su un delicato equilibrio tra il prestigio della venerata reliquia e l’autocelebrazione del Cardinale, che volle alla destra dell’altare il proprio disinvolto ritratto funebre, realizzato da Camillo Rusconi, il principale scultore del tempo nella città papale. Comparate l’aspetto da fresco quarantenne con cui si è fatto ritrarre in posizione da odalisca sul suo cenotafio (foto 7), con l’aspetto dell’uomo che compare nel ritratto 4, realizzato quando fu nominato cardinale, cioè … dieci anni prima che la scultura fosse realizzata.

Il cenotafio del Cardinale Aldrovandi (particolare)

Ritratto dell’Aldovrandi all’epoca dell’elezione a Cardinale

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Comments
2 Responses to “Pannello 17 – L’apogeo della famiglia Aldrovandi”
  1. Michele Campisi, via Labicana, 92 - 00184 Roma ha detto:

    Non ho letto tutto ciò che qui è scritto ma è cosa certa che all’inizio del XIX secolo in qualche parte del Palazzo di Mirabello gli eredi di Pompeo tenevano appese alla parete le tavole del Polittico Griffoni di san Petronio a Bologna, celeberrima e magnifica opera di Francesco del Cossa ed Ettore de Roberti. Le 16 tavole furono sottratta dal polittico nel 1725 da Pompeo e poi vendute dai suoi eredi ai collezionisti di Ferrara all’inizio dell’Ottocento. Ora si trovano dispersi in nove diversi musei tra i maggiori del mondo. Di questa storia scrisse Roberto Longhi in Officina Ferrarese del 1934 ricostruendone le varie parti di cui si erano perse le traccia. Penso che fossero tenute lì già da Pompeo e sarebbe un’attestazione di grande affetto per quella Villa poichè le pitture sono tra le più belle della scuola ferrarese. Forse se ne potrebbe far cenno tra le indicazioni che voi date qui a proposito dell’edificio.

    • ilmuseodimirabello ha detto:

      Buona sera.
      Ho riflettuto sul suo commnento ma mi è venuto un dubbio: il Palazzo di cui lei parla è quello di Mirabello? Il cardinale aveva anche uno splendido palazzo a Bologna. Mi sembrerebbe più logico che il polittico fosse stato la.
      Se avesse notizie precise le sarò grato se me le comunica.
      Cordialmente e ancora grazie per l’intrigante suggerimento.

      Rodolfo Soncini Sessa

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