La coronella di Palazzo
Dopo la disastrosa rotta alla Bisacca del 1731, nonostante gli sforzi profusi, non era più stato possibile rimettere il Reno nel suo alveo, così che il fiume era rimasto vagante per la campagna. Anche piene modeste minacciavano coi loro riazzi (rami di un fiume vagante uscito dall’alveo) di raggiungere il Palazzo del Cardinale Pompeo Aldrovandi. Lo apprendiamo dalla lettera che il fattore, Angelo Moratori, del Cardinale scrive al suo padrone il 14 ottobre 1735. Vi leggiamo infatti:
Su le ore 21 [la piena] arrivò su la via Zueccha [Giovecca] di rigurgito e venne un riazzetto [piccolo riazzetto] al lavoro nella provana [viale alberato] in faccia al Palazzo sul punto segnato D …
Il riferimento è allo schizzo topografico presente in una pagina della lettera, riprodotta in Fig. 1.

Fig. 1 – Lo schizzo topografico della zona di Palazzo contenuto nella lettera che il fattore Angelo Moratori scrisse al Cardinale il 14 Ottobre 1735
Il lavoro a cui si accenna è la costruzione dell’argine segnato + + nello schizzo, che è in corso di realizzazione per proteggere il Palazzo dai rigurgiti delle piene. Il lavoro sarà terminato sabato sera, annota il Moratori sotto lo schizzo. Si trattava di un piccolo argine, un arginello, alto circa un metro sul piano di campagna, largo alcuni passi.
L’arginello venne realizzato certamente sino al punto A su via Giovecca (Zueccha), e forse anche oltre. Il Palazzo fu così protetto dalle esondazioni del Reno, ma si ritrovò chiuso in una depressione in cui le acque piovane ristagnavano, essendo state private del loro scolo naturale. Qualche anno dopo fu giocoforza riempire di terra (lezza) tutta l’area racchiusa dall’argine sino alla quota della sua sommità. Fu così che il piano terreno di Palazzo venne interrato per circa 3 piedi (un metro) e la costruzione assunse quell’aria acquattata e tozza che non è certo degna di un Palazzo. Per questo, per ridargli slancio verticale, nel 1745-46 il Cardinale fece progettare e realizzare al Torreggiani il campaniletto a vela che oggi lo contraddistingue, imitando il campanile del Palazzo dei Papi, il Quirinale, a Roma (l’ego del Cardinale non era piccolo).
Nel frattempo le sabbie trasportate dl Reno andavano innalzando progressivamente anche il livello della campagna, al di là dell’argine. Nel 1747, quando il Monti disegnò la sua mappa, il livello di questa non aveva ancora raggiunto la quota del colmo dell’argine. Il Monti segnala infatti, con un corto tratteggio, la presenza di un piccolo dislivello i cui estremi sono indicati da due freccie rosse nel particolare in Fig. 2. Che si tratti proprio dell’arginello del 1735 è facile capirlo, confrontando il percorso del dislivello in Fig. 2 con il tracciato dell’arginello in Fig. 1.

Fig. 2 – Particolare della mappa manoscritta di Deodato Monti (1747) che mostra il dislivello creato dalla presenza dell’arginello realizzato nel 1735. I suoi estremi sono indicati da due freccie rosse.
Il Reno continuò a vagare libero nella campagna sino al completamento del Cavo Benedettino (poco dopo il 1760) e lil livello di questa continuò di conseguenza a innalzarsi. L’argine divenne, poco a poco, totalmente integrato nel terreno e quindi invisibile, come è oggi.
Ma un argine è più solido e compatto di un terreno di riporto o alluvionale e, grazie alla sua compattezza, si rivelò essere un’ottima strada. Come tale fu a lungo utilizzato. Già prima del 1747, su di esso fu costruita la casetta del boaro addetto alla stalla di Palazzo, che il Monti puntualmente riporta. E lungo il tratto che conduce da via Giovecca (Zouecca nella grafia del Monti) alla Lunghina (il viale alberato che in Fig. 2 porta a Palazzo), sono state trovate varie monete.