5 – Le strade (Pannello 6)
Canalizzato il Reno, fra larghi e fragili argini, e prosciugati i territori lungo le sue sponde e altri in mezzo alle valli, si avvertì dalle popolazioni residenti e dai governi degli Stati interessati l’esigenza di realizzare una viabilità capace di toccare tutte le località abitate e che fosse più sicura e rapida di quella offerta dai canali.
Le principali, strade per le comunicazioni nella zona seguivano per lo più i rioli, i canali e gli scoli; era poste sugli argini, quando questi avevano un’ampiezza e una resistenza sufficienti, o ne seguivano i corsi.
Per quanto riguarda il comune di S. Agostino dopo il 1526 assunsero importanza preminente la strada Provinciale, sull’argine destro del Reno, e la via Bassa che si snodava ai piedi dello stesso argine (mappa 6.1). Altra via, di primario interesse sociale ed economico, era quella che congiungeva Bologna a Ferrara, passando per il Poggio dei Lambertini.
Mappa 6.1 – 1774 – La prima pianta delle strade di Mirabello [Archivio di Stato di Bologna – Ufficio Acque e Strade, Vol. 11, mappa 18b]
Chi proveniva da San Carlo, seguendo la via bassa, incontrava dapprima alla sua destra i Granari Aldrovandi (oggi possessione Mulino); poi alla sua sinistra la chiavica di pietra, detta l’Aldrovanda, che serviva anticamente i Molini del Sig. Senatore Aldrovandi; un poco più oltre, il riazzo antico detto della rotta Bisacca, cioè l’alveo della rotta che ha dato origine ai maceri dell’Oasi delle Pradine. Giunto a Mirabello il viaggiatore si trovava di fronte l’Ostaria, che sorgeva più o meno dove in seguito sorse la casa del custode di Palazzo Sessa/Aldronadi, cioè a metà del suo viale di querce. La via bassa seguiva pressappoco l’attuale provinciale, ma all’altezza della Cabianca se ne discostava proseguendo in linea retta sino all’Osteria. A fronte dell’Osteria la via si biforcava: a destra portava al Palazzo Aldrovandi (con la sua caratteristica torretta), a sinistra all’argine destro di Reno da cui si raggiungeva l’ex-passo (traghetto o guado) di Mirabello che conduceva alla Chiesa Vecchia. La via bassa proseguiva sull’argine sino a immettersi nella via della confina, la strada che seguiva il confine tra il Ferrarese e il Bolognese. Dal passo di Mirabello si staccava anche un’altra via, con direzione a tramontana, nel fondo antico del Reno: è la prima citazione dell’attuale C.so Italia: ancor oggi raggiungerlo si dice a Mirabello andàr in Reη (o andear in Reη). [Arch. Stato Bologna, Campione delle strade, vol. 11, mappa 18b]
Ben presto la zona, che era posta in un importante punto di incontro e di scontro degli interessi dei Bolognesi, dei Ferraresi, dei Comacchiesi (alle cui spalle stavano Milano e l’Impero), delle Romagne e del Veneto si coprì di un reticolo stradale che, in quei tempi, poteva essere considerato più che sufficiente a soddisfare le esigenze. Attorno a Mirabello le vie degli Scotti (sul confine), della Giovecca (o Zueca), dell’argine Capellaro, di Luneda, della Sterpeda, di S.Donino , di Raveda, di Verga e le infinite cavedagne tra proprietà e proprietà, assicuravano le comunicazioni rotabili, senza costringere gli abitanti a lunghi giri oziosi.
Non dobbiamo però lasciarci ingannare dal numero e dalla varietà di tali strade: la zona alluvionale non offriva materiale valido per le massicciate, solo tronchi, fascine e sabbia. Con tali materiali di fortuna erano innalzati anche gli argini. Il fondo delle strade, sabbioso, con la pioggia si copriva di fanghiglia viscida e profonda.
Verso la metà del 1800, Mirabello, quando chiese di costituire parrocchia separata da quella di S. Agostino, avanzò tra le altre motivazioni la difficoltà enorme che i mirabellesi incontravano a percorrere il tratto tra il loro paese e il centro del comune, facendo notare che il territorio era notoriamente bassivo e che non è gran tempo che vi correva il Reno e che non è costituito che da valli e da paludi dissecate; la pioggia, insistevano, rendeva le strade impraticabili, perché per mancanza di ghiaia, debbono essere mantenute con minutissima sabbia. Fanciulli, donne, vecchi ed invalidi (l’esposto è patetico e quasi poetico) dovevano percorrere, dal paese alla parrocchia, un cammino di circa quattro miglia, due ore per l’andata, due per il ritorno; d’estate nella calura e nel polverone, d’inverno tra il freddo, la pioggia, il fango e la neve. Le due strade mantenute a spese pubbliche (la Provinciale e la via Bassa) erano esse stesse cattive assai, asserivano i mirabellesi nella loro richiesta. Prima di raggiungerle poi, i più dovevano seguire lunghi tratti di stradelli, viottoli o fossi, quasi impraticabili nella stagione piovosa, non senza pericolo, anche perché mancavano i ponti sugli scoli, e giungevano così a destinazione bagnati ed imbrattati di fango.
A simili lamentele la Magistratura di S. Agostino ribatté, sostenendo l’agiatezza et ottimo stato, delle vie che da Mirabello portavano al capoluogo e affermando che la via Provinciale era lodevolmente mantenuta, come pure la via Bassa e tutte le strade comunali, che queste non erano intersecate da fiumi e che tutte venivano immediatamente sgombrate dalle nevi con gli ordigni detti picconi fatti appositamente costruire dal comune. Tali strade, continua la risposta, erano sempre transitabili senza pena per qualsiasi vettura da carico a due o a quattro ruote, come dimostrava anche il fatto che un corriere la percorreva due volte la settimana con legno a quattro ruote.
Ma il parroco di S. Agostino, nell’intento di dimostrare il proprio impegno, finisce con l’evidenziare quello che avrebbe voluto negare: il fatto che le strade avevano un fondo inconsistente ed erano malamente praticabili. Egli dichiara, infatti, di aver provveduto a far gettare sulla (inesistente) massicciata tra il 1830 ed il 1839 più di 30.000 carra di sabbia (una carra aveva la portata di 18 piedi cubi, un piede cubo uguale a metri cubi 0,0549). Possiamo quindi facilmente immaginare le condizioni di quelle strade che non dimentichiamolo, servivano le grandi imprese signorili nel secolo del progresso che aprì il cammino alla tecnologia attuale.
In alcuni casi le strade seguivano e segnavano i confini fra gli Stati e le proprietà e divennero perciò occasione di controversie private e di liti notarili e politiche; come avvenne nel 1660 per l’argine Cappellaro (vedi mappa 6.6).
Mappa 6.6 – 1660 – Stato dell’argine Cappellaro [Arch. Stato Bologna, Assunteria confini e acque, vol. 09, n.134]