10.4.3 – L’Apogeo della Famiglia Aldrovandi (Pannello 17)
Accanto a tale impresa gli Aldrovandi non avevano però trascurato altre due iniziative che dovevano assicurare alla famiglia prestigio sociale e materiale benessere: la costruzione di due palazzi, ospitali e simboli di magnificenza. Uno, il principale a Bologna; l’altro sulla tenuta di Mirabello. Di questi palazzi abbiamo rintracciato infinite notizie particolari, ma non abbiamo trovato traccia di progetti veri e propri (conservati probabilmente nella biblioteca del Palazzo Montanari che ancora non abbiamo preso in esame). Certamente nei carteggi Aldrovandi (Archivio di Stato di Bologna) numerose sono le carpette e interi ‘cartoni’ interamente vuoti!
Del palazzo di Bologna (oggi Montanari, foto 17.1), sorto in via Galliera sull’area prima occupata da molte casette acquistate l’una dopo l’altra con previdente calcolo, non è qui il caso di parlare, se non per ricordare che i laterizi utilizzati nella costruzione vennero tutti, o quasi, prodotti nelle fornaci di Mirabello e trasportati a Bologna lungo il Naviglio.
Foto 17.1 – Il Palazzo Aldrovandi (oggi Montanari) a Bologna [foto di R. Soncini-Sessa]
Foto 17.2 – Due immagini del Palazzo Sessa/Aldrovandi a Mirabello [foto di E. Carletti]
Il palazzo di Mirabello (ora Sessa, foto 17.2) fu costruito in più riprese, con una procedura che si potrebbe definire ‘in economia’, su disegno dell’Angelini. L’economia (i lavori erano condizionati dalle momentanee disponibilità di denaro e di mano d’opera) non escluse però la ricerca di una signorilità e di un decoro che non trascuravano i particolari: lo scalone fu fatto disegnare dal Torreggiani (l’architetto del palazzo di Bologna), l’orologio e la campana furono richiesti ad artigiani specializzati di Venezia e di Ravenna (documenti 17.5) e ad uno specialista fu affidata la pittura dell’arme del casato, che avrebbe dovuto essere scolpita (come poi fu) nel sasso, ma che non trovava una collocazione idonea nello stretto architrave sopra l’ingresso. L’estetica dell’edificio, i serramenti e tutti i minimi particolari sono discussi a lungo per lettera del cardinale con gli esecutori dei lavori, uomini di sua fiducia fatti venire spesso da Bologna, non fidandosi Pompeo degli esperti e della manovalanza locale. Ugualmente per lettera l’Aldrovandi dibatte col suo consigliere l’opportunità di restaurare un’altra casa per il fattore, per destinare il Palazzo unicamente alla propria famiglia, liberandola dal disturbo di avere fra i piedi i chiassosi ragazzotti del suo dipendente, ossia, si legge tra le righe, di gente volgare, che avrebbe guastato la signorilità dell’ambiente.
Documenti 17.5 – 1745 – Documenti di acquisto della campana e dell’orologio di Palazzo Sessa/Aldrovandi [Arch. Stato Bologna, Archivio Aldrovandi, vol. 210, fasc. 10]
E’ il momento di massima attività e di massimo splendore per il casato: il Conte Senatore Filippo e il cardinale sono due autorità, alle quali è pericoloso mancare di rispetto, godono di amicizie altolocate e trionfano per prosperità e credito. Nuove terre vengono da loro messe a razionale coltura; vengono fatte nuove piantagioni di frutteti e siepi; vecchie case decrepite vengono restaurate, altre costruite di nuovo e tutte recano sulla porta l’insegna degli Aldrovandi (foto 17.3). L’Impresa sembra realizzare in concreto un sogno utopistico. Anche la scelta dei lavoratori è accurata: gente pigra o poco onesta è allontanata; si chiamano abili lavoratori che conoscano bene il loro mestiere (per la coltura del riso si fa venire un mantovano) e si sistemano convenientemente nelle varie case, ciascuno con un suo preciso compito. Il cardinale provvede a rivedere perfino con pedanteria tutti i conti e contesta al fattore l’aver messo nel bilancio la spesa per il mantenimento dei cani, alimentati con gli avanzi, e di aver trascurato il profitto derivante dagli strami e dal concime assicurato dai polli. Sotto la sua continua e intransigente vigilanza l’azienda prospera; in pochi anni le terre, che furono dei Ruini e che erano in uno stato di squallida rovina, sono avviate a sicura ripresa e ad un buon reddito.
Foto 17.3 – L’insegna degli Aldrovandi appare al centro della raggiera in ferro sopra la porta della Boscona e di San Filippo [foto E. Carletti]
La bonifica procede invece a rilento; la chiavica non può, da sola, assicurare un adeguato flusso di torbide. Inopinate e paurose, le tre rotte Bisacca, Annegati e Panfilia, allagando tutti i terreni della zona con escrescenze eccezionali, compirannno in pochissimo tempo quell’innalzamento[1]‘ così a lungo ricercato, lasciando terreni asciutti e fertili (più o meno quali si presentano oggi), e dai quali sul momento ogni traccia di coltura e miglioria appariva cancellata.
[1] colmata